Nel clan, nella comunità, tutti parlano del fatto meraviglioso, e la quercia ove la donna ispirata ha veduto l'apparizione diventa un albero sacro.
La riconducono là sotto, ed ivi, per influsso magnetico della luna che l'immerge in uno stato di visione, ella continua a profetizzare nel nome del grande Avo.
Questa donna e altre simili evocheranno le diafane anime degli avi dinanzi alle folle palpitanti che le vedranno o crederanno di vederle attirate da magici incantesimi fra le brume ondeggianti alle trasparenze lunari.
Così il culto degli avi si stabilisce nella razza bianca all'origine stessa della vita sociale e il grande Avo di viene il dio della colonia.
Ecco il principio della religione.
Attorno alla profetessa si raccolgono ad osservarla nei sogni lucidi, nelle estasi profetiche, i vegliardi che studiano i suoi diversi stati, controllano le sue rivelazioni, interpretano i suoi oracoli.
E notano che quando profetizza nello stato di veggente il viso suo si trasfigura, ritmica diviene la sua parola ed elevata la voce, che proferisce gli oracoli cantando su una melopea grave e significativa.
Così sorge il verso, la strofa, la poesia e la musica che presso tutti i popoli ariani furon detti di origine divina.
In Asia, nell'Iran e nell'India, ove i popoli di razza bianca fondarono le prime civiltà ariane mescolandosi con quelli di vario colore, gli uomini presero rapidamente il sopravvento sulle donne in fatto di ispirazione religiosa, sìcche ivi non intendiamo parlare se non di savi, rischi e profeti, mentre la donna, calpestata e sottomessa rimane sacerdotessa solo presso il focolare.
Ma in Europa la traccia della parte preponderante assegnata alla donna si rinviene presso i popoli di identica origine rimasti barbari per migliaia di anni, e trasparisce nella Pitonessa scandinava, nella Völuspà dell'Edda, nelle druidesse celtiche, nelle donne divinatrice che seguivano gli eserciti germanici e decidevano il giorno delle battaglie, e fino nelle baccanti della Tracia, che emergono nella leggenda di Orfeo.
Così la veggente preistorica si perpetua nella Pizia di Delfi.
Le primitive profetesse della razza bianca si organizzarono in collegi druidici, sotto la sorveglianza dei vegliardi dotti o dei druidi, gli uomini della quercia.
In principio non furono che benefattrici e con loro intuito, con la loro divinazione, con loro entusiasmo, diedero un vigorosissimo impulso alla razza.
Ma la rapida corruzione e gli enormi abusi di questo istituto erano inevitabili.
Sentendosi padrone dei destini del popolo le druidesse vollero dominarlo in ogni modo, tentavano di regnare col terrore, imponendo i sacrifici umani che diventano elemento essenziale del loro culto.
Mediante ecatombi umane, si inviavano i viventi ai morti come messaggeri, credendo di ottenere in tal modo i favori degli avi.
Divenne un formidabile strumento di dominazione, esempio luminoso del pervertimento, che fatalmente subiscono i più nobili istinti della umana natura quando più non sono padroneggia ti da una sapiente autorità, che una coscienza superiore diriga verso il bene.
Abbandonata alla mercé dell'ambizione e della passione personale, l'ispirazione degenera in superstizione, il coraggio in ferocia e la sublime idea del sacrificio si muta in strumento di tirannia, in profitto perfido e crudele.
Tratto da "I grandi iniziati. Volume primo" di Edoardo Schuré
La riconducono là sotto, ed ivi, per influsso magnetico della luna che l'immerge in uno stato di visione, ella continua a profetizzare nel nome del grande Avo.
Questa donna e altre simili evocheranno le diafane anime degli avi dinanzi alle folle palpitanti che le vedranno o crederanno di vederle attirate da magici incantesimi fra le brume ondeggianti alle trasparenze lunari.
Così il culto degli avi si stabilisce nella razza bianca all'origine stessa della vita sociale e il grande Avo di viene il dio della colonia.
Ecco il principio della religione.
Attorno alla profetessa si raccolgono ad osservarla nei sogni lucidi, nelle estasi profetiche, i vegliardi che studiano i suoi diversi stati, controllano le sue rivelazioni, interpretano i suoi oracoli.
E notano che quando profetizza nello stato di veggente il viso suo si trasfigura, ritmica diviene la sua parola ed elevata la voce, che proferisce gli oracoli cantando su una melopea grave e significativa.
Così sorge il verso, la strofa, la poesia e la musica che presso tutti i popoli ariani furon detti di origine divina.
In Asia, nell'Iran e nell'India, ove i popoli di razza bianca fondarono le prime civiltà ariane mescolandosi con quelli di vario colore, gli uomini presero rapidamente il sopravvento sulle donne in fatto di ispirazione religiosa, sìcche ivi non intendiamo parlare se non di savi, rischi e profeti, mentre la donna, calpestata e sottomessa rimane sacerdotessa solo presso il focolare.
Ma in Europa la traccia della parte preponderante assegnata alla donna si rinviene presso i popoli di identica origine rimasti barbari per migliaia di anni, e trasparisce nella Pitonessa scandinava, nella Völuspà dell'Edda, nelle druidesse celtiche, nelle donne divinatrice che seguivano gli eserciti germanici e decidevano il giorno delle battaglie, e fino nelle baccanti della Tracia, che emergono nella leggenda di Orfeo.
Così la veggente preistorica si perpetua nella Pizia di Delfi.
Le primitive profetesse della razza bianca si organizzarono in collegi druidici, sotto la sorveglianza dei vegliardi dotti o dei druidi, gli uomini della quercia.
In principio non furono che benefattrici e con loro intuito, con la loro divinazione, con loro entusiasmo, diedero un vigorosissimo impulso alla razza.
Ma la rapida corruzione e gli enormi abusi di questo istituto erano inevitabili.
Sentendosi padrone dei destini del popolo le druidesse vollero dominarlo in ogni modo, tentavano di regnare col terrore, imponendo i sacrifici umani che diventano elemento essenziale del loro culto.
Mediante ecatombi umane, si inviavano i viventi ai morti come messaggeri, credendo di ottenere in tal modo i favori degli avi.
Divenne un formidabile strumento di dominazione, esempio luminoso del pervertimento, che fatalmente subiscono i più nobili istinti della umana natura quando più non sono padroneggia ti da una sapiente autorità, che una coscienza superiore diriga verso il bene.
Abbandonata alla mercé dell'ambizione e della passione personale, l'ispirazione degenera in superstizione, il coraggio in ferocia e la sublime idea del sacrificio si muta in strumento di tirannia, in profitto perfido e crudele.
Tratto da "I grandi iniziati. Volume primo" di Edoardo Schuré
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