mercoledì 11 maggio 2016

Giuseppe Francesco Borri e la leggenda della porta alchemica


Controversa figura di alchimista e profeta messianico, nasce a Milano nel 1627, figlio di una Savinia Morosini che muore di parto dandolo alla luce, e di Branda Borri, noto e valente medico milanese.
Nel 1644, insieme al fratello minore, entra nel Seminario Romano, retto dai gesuiti, distinguendosi subito per prontezza d’ingegno, vastità di interessi culturali e spirito di indipendenza.
E’ in seminario, probabilmente, che il giovane Borri entra in contatto con quelle dottrine alchemiche e cabalistiche che ben diffuse dovettero essere anche in ambienti ecclesiastici, nella Roma del tempo . 

Come già per i Domenicani e per i Francescani alchimisti del medioevo, anche tra i gesuiti del XVII sec. erano dunque assai diffuse le arti ermetiche e cabalistiche.
Il forte spirito di indipendenza e l’insofferenza verso l’autorità clericale deteriorano rapidamente i rapporti con i suoi insegnanti (al culmine di questo deterioramento il Borri capeggia addirittura una ribellione collettiva dei seminaristi, che porterà alla sostituzione del rettore), e nel 1650 il Borri viene espulso dal seminario, cominciando tra i numerosissimi pellegrini dell’Anno Santo, la propria attività di medico e di alchimista. 

In questo periodo cominciano i primi contatti col marchese Massimiliano Palombara, alchimista egli stesso...
In quegli anni comincia anche la sua opera di propaganda, per metà messianica e per metà politica, volta ad un recupero della purezza evangelica della religione, che, nella visione di Borri, è la base stessa di ogni scienza ed investigazione.
Il fervore religioso e messianico, permeato di spiritualità quietista, richiama intorno a lui i primi seguaci, e lo rende anche protagonista di tafferugli con le guardie pontificie.
E’ questo il periodo in cui si inizia a formare la sua leggenda personale di alchimista dalle misteriose conoscenze e di visionario dall’oscura potenza. 
E’ proprio a questo periodo che si ascrive abitualmente la leggenda che vede come protagonisti il Marchese Palombara ed un misterioso Pellegrino.
Una mattina del 1656, la tradizione vuole che nel giardino del nobile Palombara penetri uno sconosciuto intento a raccogliere erbe, il quale, condotto innanzi al marchese dalla servitù, dichiara d’essere alchimista, di essere a conoscenza delle ricerche alchemiche del Marchese e di essere in grado di mostrargli la effettiva realizzabilità dell’opera trasmutatoria senza alcuna richiesta o contropartita, ed inoltre di essere anche a sua volta interessato a conoscere quali fossero i metodi e le ricerche del Palombara.
A quest’ultimo, fervente ed appassionato alchimista, secondo la nostra storia non dovette parer vero di introdurre la misteriosa figura nel suo laboratorio alchemico.
Il misterioso pellegrino, dopo aver armeggiato sotto gli occhi attoniti del Palombara, domanda a quest’ultimo ospitalità per la notte in una camera nei pressi del laboratorio per poter sorvegliare l’opera, e si fa lasciare le chiavi del laboratorio promettendo che, ad opera ultimata non avrebbe fatto mistero alcuno alle domande del Marchese, che per il momento però avrebbe dovuto garantirgli solitudine e quiete.

....Sgattaiolato via da una finestra nottetempo, lasciando solo, nel laboratorio attiguo, un crogiolo rovesciato con in terra una striscia d’oro puro, ed un fascicolo di carte con appunti e simboli ermetici sulla grande opera. Sono proprio questi, i simboli che il Palombara fece scolpire in alcuni punti della sua villa, e, soprattutto, sulla famosissima porta ermetica, unica sopravvissuta dei fasti architettonici di villa Palombara, famoso e discusso monumento ermetico italiano.
Per la tradizione, naturalmente, il misterioso alchimista era il Borri, ed alle sue carte sono dunque ispirate le complesse simbologie della porta ermetica...

Tratto da The Alchemy Web Site

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