lunedì 23 settembre 2019

L'idealismo e l'ideale e l'immortalità di Platone


L'idealismo è l'affermazione ardita delle verità divina, fatta dall'anima, che si interroga nella solitudine e giudica delle realtà celesti dalle sue facoltà intime e dalle sue voci interiori.
L'iniziazione è la penetrazione di queste stesse verità per mezzo dell'esperienza dell'anima, dalla visione diretta dello spirito, della resurrezione interiore; nel suo grado supremo è il giungere dell'anima a comunicare col mondo divino.
L'ideale è una morale, una poesia, una filosofia; l'iniziazione è un'azione, una visione, una presenza sublime della Verità.
L'ideale è il sogno e il desiderio della patria divina; l'iniziazione, tempio degli eletti, ne è il chiaro ricordo ed anche il possesso.
Costruendo la categoria dell'ideale, l'iniziato Platone creò dunque un rifugio, aprí la via della salvezza a milioni d'anime, che non possono giungere in questa vita all'iniziazione diretta, ma aspirano dolorosamente alla verità.
Platone fece quindi della filosofia il vestibolo d'un santuario futuro, chiamandovi tutti gli uomini di buona volontà.
L'idealismo dei sui numerosi figli, pagani o cristiani, ci appare come la sala d'aspetto della grande iniziazione.
Questo spiega la straordinaria popolarità e la forza radiosa delle idee platoniche, forza che risiede nel loro fondo esoterico.
L' accademia fondata da Platone durò tanti secoli e continuò nella grande scuola D'Alessandria; i primi padri della Chiesa resero omaggio a Platone e sant'Agostino prese da lui i due terzi della sua teologia.
A Firenze i Medici vollero fondare un'accademia e chiamarono un sapiente greco, esiliato da Costantinopoli, per ordinarla.
La chiamò Accademia Platonica.
Ed anche oggi dopo tanti sistemi filosofici ammassati gli uni agli altri... oggi che la scienza ha esplorato la materia nelle sue ultime trasformazioni...oggi ancora Platone ritorna a noi.
Semplice e modesto come sempre, ma raggiante di giovinezza eterna, rende verso di noi il sacro ramoscello dei misteri, il fiore dell'anima...
Tratto da "I grandi iniziati. Volume secondo" di Edoardo Schuré

venerdì 20 settembre 2019

Platone; l'epifania dell'anima


Platone sostituì la dottrina dei tre mondi con tre concetti, che, in mancanza dell'iniziazione sistematica, restarono per duemila anni come tre vie aperte verso il fine supremo.
Questi tre concetti si riferiscono ugualmente al mondo umano e al divino ed hanno il vantaggio di congiungerli, benché in maniera astratta.
Qui appunto si mostra il genio volgarizzatore e creatore di Platone, che gettò torrenti di luce sul mondo, ponendo sulla stessa linea le idee del Vero, del Bello e del Bene; rischiarandole reciprocamente, dimostrò che esse sono tre raggi dello stesso fuoco, i quali, riducendosi, ricostruiscono questo medesimo fuoco, cioè Dio.
Nella ricerca del Bene, cioè del Giusto, l'anima si purifica e si prepara a conoscere la Verità: prima e necessaria condizione del suo progresso.
Nell'indagare e allargare l'idea del Bello, essa raggiunge il Bello intellettuale, luce intelligibile, madre delle cose, animatrice delle forme, distanza e organo di Dio: tuffandosi nell'anima del mondo, l'anima umana sente spuntar le sue ali.
Nel determinare l'idea del Vero, essa sente raggiungere la pura essenza, i principi convenuti nello Spirito puro e riconosce a sua immortalità per mezzo dell'identità del suo principio col principio divino.
Perfezione: epifania dell'anima.
Aprendo queste grandi vie allo spirito umano Platone ha definito e creato, all'infuori dei sistemi ristretti e delle religioni particolari, la categoria dell'Ideale, che doveva sostituire per molti secoli, e sostituire ancora ai nostri giorni, l'iniziazione organica e compiuta.
Egli aprì le tre vie sacre, che conducevano a Dio.
Tratto da "I grandi iniziati. Volume secondo" di Edoardo Schuré

lunedì 16 settembre 2019

La morte di Socrate e la nascita della filosofia di Platone


I due capi d'accusa portati contro Socrate era di corrompere la gioventù e di non credere agli dèi.
Non furono che pretesti
Sul secondo capo d'accusa egli rispose;
"Io credo al mio spirito famigliare, a più forte ragione debbo credere agli dèi, che sono i grandi spiriti dell'universo".
Egli aveva combattuto l'ingiustizia, smascherato l'ipocrisia, mostrato la falsità di molte vane pretese.
Ora gli uomini perdonano a tutti i vizi e a tutti gli ateismi, ma non perdonano a quelli che li mettono a nudo.
È per questo che i veri atei, che sedevano nell'areopago, fecero morire il giusto e l'innocente, accusandolo della colpa che essi commettevano.
Meleto, Anito e Licone; un poeta tragico senza ingegno, un riccone malvagio e fanatico, un demagogo sfrontato, riuscirono a far condannare a morte il migliore degli uomini; e questa morte lo ha reso immortale.
Sicché egli poté dire fieramente ai suoi giudici: "io credo negli dèi più di alcuno dei miei accusatori: è tempo che ci lasciamo, io per morire e voi per vivere.
Chi di noi ha la sorte migliore? Nessuno lo sa eccetto Dio".
Come Gesù, egli morì perdonando ai suoi carnefici e divenne per tutta l'umanità il modello dei saggi martiri, poiché rappresenta l'avvento definitivo dell'iniziazione individuale e della scienza aperta.
La serena immagine di Socrate, che moriva per la verità e passò l'ultima ora a discorrere dell' immortalità dell'anima coi suoi discepoli, s'impresse nel cuore di Platone come il più bello degli spettacoli e il più santo dei misteri: fu questa la sua prima, la sua grande iniziazione.
Platone aveva ricevuto da Socrate il grande impulso, il principio attivo e maschio della sua vita, la sua fede nella giustizia e nella verità.
Dopo la morte di Socrate si mise a viaggiare, seguì le lezioni di parecchi filosofi dell'Asia Minore e di là si portò in Egitto...e ebbe l'iniziazione di Iside.
Non raggiunse come Pitagora il grado superiore in cui si acquista la visione effettiva e diretta della verità divina, con poteri sovrannaturali dal punto di vista terreno, ma si fermò al terzo grado, che conferisce la perfetta chiarezza intellettuale con la sovranità dell'intelligenza sull'anima e sul corpo.
Per continuare l'opera di Socrate bisognava diffondere la verità ma Platone  Non poteva insegnare pubblicamente le cose, che i pitagorici coprivano con un triplice velo.
È appunto la dottrina esoterica che noi troviamo nei suoi Dialoghi, ma dissimulata, mitigata, sottoposta a una dialettica ragionatrice... travestita anche in leggenda, in mito, in parabola..
Platone, come Socrate, si mette sul piano stesso dei giovani ateniesi, degli uomini di mondo, dei retori e del sofisti e li combatte con le loro proprie armi.
Tratto da "I grandi iniziati. Volume secondo" di Edoardo Schuré

venerdì 13 settembre 2019

Socrate; il Bene, il Bello e il Vero


Per non uscire dal suo ufficio di volgarizzatore rifiutò di farsi iniziare ai misteri eleusini, ma non aveva minori, per questo, il senso e la fede della verità totale e suprema, che si insegnavano ai grandi misteri.
Quando ne parlava, il buono, lo spirituale Socrate mutava di volto, come un fauno ispirato, che un dio signoreggi e domini; il suo occhio s'accendeva, un raggio passava sul suo cranio calvo e dalla sua bocca usciva una di quelle sentenze semplici e luminose che rischiavano il fondo delle cose.
Platone fu irresistibilmente attratto e sogiogato da quest'uomo.
Egli comprese, al solo vederlo, la superiorità del Bene sul Bello, poiché il Bello non realizza il Vero che nel miraggio dell'arte, laddove il Bene si avvera nel profondo delle anime.
Raro e potente fascino, poiché non vi hanno alcuna parte i sensi.
La visione d'una vera giustizia fece impallidire nell'anima di Platone gli splendori abbaglianti dell'arte visibile, per sostituirvi un sogno più divino.
Quest'uomo gli mostrò l'inferiorità della bellezza e della gloria, come le aveva concepite sino allora, dinnanzi alla bellezza e alla gloria dell'anima in azione, che attira per sempre altre anime alla sua verità.
Questa bellezza raggiante eterna, che è "lo splendore del Vero", uccise la bellezza mutevole e ingannatrice nell'anima di Platone.
Ed ecco perché lui si voltò a Socrate, nel fiore della sua giovinezza, con tutta la poesia della sua anima: grande vittoria della Verità sulla Bellezza, che ebbe incommensurabili conseguenze per la storia dello spirito umano.
Tratto da "I grandi iniziati. Volume secondo" di Edoardo Schuré

lunedì 9 settembre 2019

Il pensiero di Socrate


Socrate s'avvicinava ai sofisti con la sua dolcezza insinuante, la sua fine bonomia, come un ignorante che vuole istruirsi.
Il suo occhio brillava d'acume e di benevolenza.
Poi di domanda in domanda, li forzava a dire il contrario di quello che avevano sostenuto in principio e a confessare implicitamente che non sapevano neppure quello di cui parlavano.
Per Socrate il sofista è la contraffazione vivente del filosofo, come il demagogo è la contraffazione dell'uomo di stato, l'ipocrita la contraffazione del prete, il mago nero la contraffazione infernale del vero iniziato.
Socrate dimostrava che i sofisti non conoscevano la causa e il principio di niente, essi che pretendevano di possedere la scienza universale.
E dopo averli ridotti in tal modo al silenzio, non trionfava della sua vittoria, ringraziava sorridendo i suoi avversari di averlo istruito con le loro risposte, aggiungendo di sapere che non si sa nulla è il principio della vera sapienza.
Egli non disconosce gli dèi, ai quali rendeva lo stesso culto dei suoi concittadini, ma diceva che la loro natura era impenetrabile e confessava di non comprendere niente della fisica e della metafisica, che si professavano nelle scuole.
L'importante, egli diceva, è di credere al Giusto e al Vero e di applicarlo nella vita.
I suoi argomenti prendevano una gran forza nella sua bocca, perché egli stesso ne dava esempio.
Così la tattica dell'educazione morale cambia secondo i tempi e le condizioni storiche.
Pitagora, davanti ai suoi discepoli iniziati, faceva scendere la morale dalle cime della cosmogonia... Socrate parlava del sentimento innato del giusto e del vero per ricostruire il mondo e lo stato sociale scossi alle loro basi.
L'uno nell'ordine discendente dei principi, l'altro nell'ordine ascendente, affermavano la stessa verità.
Pitagora rappresenta i principi e il metodo della più elevata iniziazione; Socrate annunzia l'era della scienza aperta.
Tratto da "I grandi iniziati. Volume secondo" di Edoardo Schuré

venerdì 6 settembre 2019

Platone, l'incontro con Socrate

La giovinezza di Platone fu quella d'un ateniese ricco, circondato da tutte le seduzioni e da tutti i lussi di un'età di decadenza, ai quali si abbandonò senza eccessi e senza esitazioni, vivendo la vita dei suoi pari, godendo nobilmente d'un eredità, circondato e festeggiato da innumerevoli amici...
Cercando il Bello supremo attraverso tutti i modi e tutte le forme della bellezza, coltivò una dopo l'altra la pittura, la musica e la poesia...
Platone aveva una meravigliosa facilità per tutti i generi (di poesia) e sentiva con eguale intensità la poesia amorosa...,l'epopea, la tragedia, la commedia...
A ventisette anni aveva composto alcune tragedie e stava per presentarne una al concorso.
Fu in quel tempo che Platone incontrò Socrate il quale, discutendo con alcuni giovani nei giardini dell'Accademia, parlava sul giusto e sull'ingiusto, sul bello, il buono e il vero.
Il poeta si avvicinò al filosofo, l'ascoltò, ritornò l'indomani e i giorni seguenti.
Dopo alcune settimane, un grande sconvolgimento era avvenuto nel suo spirito: il giovane felice, il poeta pieno d'illusioni non si riconosceva più.
Il corso dei suoi pensieri, lo scopo della sua vita erano mutati, perché un altro Platone eta nato in lui, al soffio della parola di colui che chiamava se stesso "un ostetrico di anime".
Uomo assai semplice, ma molto originale, questo buon Socrate!
Figlio d'una statuario, egli scolpí le tre Grazie nella sua adolescenza; poi gettò il cesello, dicendo che preferiva scolpire la sua anima anziché il marmo, e da quel momento consacrò la sua vita alla ricerca della saggezza.
(Platone diede una festa di addio con i suoi vecchi amici nella quale annunciò che avrebbe seguito Socrate, bruciò tutte le sue poesie e fu anche egli un ricercatore di saggezza).
Tratto da "I grandi iniziati. Volume secondo" di Edoardo Schuré

lunedì 2 settembre 2019

Il giovane Platone


Platone 429 a.C.
L'anima di Platone era così dolce, così limpida, così aperta, come la volta del cielo sull'Acropoli.
Platone era un giovane di alta statura, dalle spalle larghe, grave, raccolto, quasi sempre silenzioso: ma quando apriva bocca, una sensibilità squisita, una dolcezza carezzevole spirava dalle sue parole.
In lui non v'era nulla di angoloso, nulla di eccessivo.
Le sue attitudini svariate si celavano come fuse nell'armonia superiore del suo essere; una grazia alata, una modestia naturale nascondevano la serietà del suo spirito; una tenerezza quasi femminea faceva da velo alla fermezza del suo carattere.
In lui la virtù si adornava d'un sorriso e il piacere d'una castità ingenua.
Ma ciò che dava a quest'anima un'impronta dominante, straordinaria, unica, è che nascendo sembrava avesse concluso un patto misterioso con l'eternità.
Solo le cose eterne sembravano vivere in fondo ai suoi grandi occhi: le altre vi passavano come vane parvenze in uno specchio profondo.
Dietro alle forme visibili, cangianti, imperfette del mondo e degli esseri, gli apparivano le forme invisibili, perfette, risplendenti in eterno di quei medesimi esseri, che vede lo spirito e che ne sono i modelli immortali.
Ed ecco perché il giovane Platone, senza aver formulato la sua dottrina....aveva già coscienza della realtà divina dell'Ideale e della sua onnipresenza.
L' amore e l'armonia, ecco il fondo dell' anima di Platone.
L'amore della Bellezza eterna e l'armonia che abbraccia l'universo.
Più un' anima è grande e profonda, maggior tempo essa impiega a conoscere se medesima.
Tratto da "I grandi iniziati. Volume secondo" di Edoardo Schuré