lunedì 9 settembre 2019

Il pensiero di Socrate


Socrate s'avvicinava ai sofisti con la sua dolcezza insinuante, la sua fine bonomia, come un ignorante che vuole istruirsi.
Il suo occhio brillava d'acume e di benevolenza.
Poi di domanda in domanda, li forzava a dire il contrario di quello che avevano sostenuto in principio e a confessare implicitamente che non sapevano neppure quello di cui parlavano.
Per Socrate il sofista è la contraffazione vivente del filosofo, come il demagogo è la contraffazione dell'uomo di stato, l'ipocrita la contraffazione del prete, il mago nero la contraffazione infernale del vero iniziato.
Socrate dimostrava che i sofisti non conoscevano la causa e il principio di niente, essi che pretendevano di possedere la scienza universale.
E dopo averli ridotti in tal modo al silenzio, non trionfava della sua vittoria, ringraziava sorridendo i suoi avversari di averlo istruito con le loro risposte, aggiungendo di sapere che non si sa nulla è il principio della vera sapienza.
Egli non disconosce gli dèi, ai quali rendeva lo stesso culto dei suoi concittadini, ma diceva che la loro natura era impenetrabile e confessava di non comprendere niente della fisica e della metafisica, che si professavano nelle scuole.
L'importante, egli diceva, è di credere al Giusto e al Vero e di applicarlo nella vita.
I suoi argomenti prendevano una gran forza nella sua bocca, perché egli stesso ne dava esempio.
Così la tattica dell'educazione morale cambia secondo i tempi e le condizioni storiche.
Pitagora, davanti ai suoi discepoli iniziati, faceva scendere la morale dalle cime della cosmogonia... Socrate parlava del sentimento innato del giusto e del vero per ricostruire il mondo e lo stato sociale scossi alle loro basi.
L'uno nell'ordine discendente dei principi, l'altro nell'ordine ascendente, affermavano la stessa verità.
Pitagora rappresenta i principi e il metodo della più elevata iniziazione; Socrate annunzia l'era della scienza aperta.
Tratto da "I grandi iniziati. Volume secondo" di Edoardo Schuré

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