mercoledì 31 agosto 2016

Dante e Petrarca; l'arte della memoria

1265-1321
L'Inferno di Dante può essere considerato alla stregua di un sistema mnemonico per fissare il ricordo dell'Inferno e delle sue pene con impressionanti immagini distribuite su una serie ordinata di luoghi.
Se pensiamo al poema come basato su ordini di luoghi distribuiti in Inferno, Purgatorio e Paradiso, e come a un cosmico ordine di luoghi, in cui i gironi dell'Inferno sono le sfere del Cielo alla rovescia, esso comincia ad apparirci come una summa di similitudini ed esempi, disposti in ordine e distribuiti su uno sfondo universale.
E se ci si rende conto che la prudenza, sotto molte e diverse immagini, è un tema simbolico dominante nel poema, le tre cantiche potranno essere viste come memoria, che ricorda i vizi e le  loro punizioni nell'Inferno, intelligentia, l'uso del presente per far penitenza e acquistare virtù, e providentia, il guardare innanzi, verso il Paradiso.
Secondo questa interpretazione i principi della memoria artificiale, quali erano intesi nel Medioevo, dovevano stimolare l'intensa visualizzazione di molte similitudini, nello sforzo teso a fissare nella memoria lo schema della salvazione e la complessa trama delle virtù e dei vizi con i loro premi e le loro pene: obbiettivo di un uomo "prudente", che usava la memoria come una parte di prudenza.
La Divina Commedia diventerebbe così l'esempio supremo della conversione di una summa astratta in una summa di simboli ed esempi, dove la memoria è la facoltà che opera questa conversione, formando un ponte fra l'astrazione e l'immaginazione.


1304-1374
Petrarca è sicuramente il personaggio da cui potremmo aspettarci che cominci una transizione della memoria medievale a quella rinascimentale.
E il nome di Petrarca fu citato costantemente nella tradizione sulla memoria, come quello di un'autorità importante sulla memoria artificiale.
Petrarca ammonisce che nessun disordine deve disturbare l'ordine dei luoghi. Circa la regola secondo cui i luoghi devono essere né troppo grandi né troppo piccoli, ma proporzionati all'immagine che devono contenere, si aggiunge che Petrarca ha detto che i luoghi dovrebbero essere di dimensione media.
Quale fu la fonte che diede origine a questa tenace tradizione?
La fonte deve essere cercata in una delle opere superstiti che non abbiamo letto, capito e  memorizzato come avremmo dovuto fare.
Egli scrisse il Rerum memorandarum libri, attorno al 1343-45.
Questo titolo è  suggestivo e quando si intravede che il nocciolo delle "cose" da ricordare è  la virtù di prudenza sotto le parti di memoriaintelligentiaprovidentia, lo studioso di memoria artificiale si rende conto che è su un terreno familiare.
Il piano dell'opera, di cui è stata realizzata solo una parte, è basato sulla definizione tratta da De inventione ciceroniano, di prudenza, giustizia, fortezza e temperanza.
Esordisce con "preludi alla virtù" che sono otium, solitudine, studio e dottrina.
Poi viene la prudenza con le sue parti, a cominciare dalla memoria.
Le sezioni sulla giustizia e la fortezza mancano o non furono mai scritte...
Petrarca allude all'arte introducendo esempi di uomini dell'antichità, famosi per buona memoria e associandoli all'arte mneomonica classica.
Riferimenti alla memoria artificiale in un'opera in cui le parti della prudenza e altre virtù sono "cose da ricordare" sarebbero sufficienti a classificare Petrarca come appartenente alla tradizione sulla memoria.... il libro di Petrarca sgorga direttamente dalla scolastica con il suo pio uso della memoria artificiale come parte di prudenza.
Tratto da "L'arte della memoria" di Frances A. Yates

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