mercoledì 26 ottobre 2016

D'Annunzio e la scienza occulta

Gabriele D'Annunzio ebbe tra le prime occupazioni quella di redattore ordinario al quotidiano romano la "Tribuna".
Quell'esperienza gli offrì la possibilità di conoscere a fondo Roma e il belmondo romano.
Nell'articolo intitolato "La Sancta Kabbala" pubblicato il 29 ottobre 1887, si deducono, oltre alla prodigiosa cultura derivata dallo studio dei testi classici, gli interessi che a ventiquattro anni già aveva per la "scienza occulta", elementi di fondo che alimenteranno non solo il suo stupefacente immaginario, ma la sua stessa concezione metafisica, quel sincretismo in cui seppe fondere credenze del mondo pagano e cristiano, orientale e occidentale.
"Io sono un ardentissimo novizio della scienza occulta.  Da qualche tempo io vivo in un altro mondo
So finalmente come si fa a sollevarsi dalla terra, a navigare verso una nuova religione, a camminare per una selva di sogni, a ragionare con li spiriti, ad essere ospite di un reame di fiabe, ad abitare in palazzi  d'oro immateriale e di perle imponderabili.
Io so che tutto è  un'emanazione della sostanza una, infinita ed eterna; e che l'uomo terrestre é l'immagine dell'uomo celeste; e che li universi sono i riflessi dell'Uno".
Nel passo successivo l'interpretazione degli elementi della natura, di cui ciascuno può arricchirsi attraverso l'evocazione, elevati a mito dall'uomo, come ninfe, spiriti femminili rappresentanti i poteri divini dei monti (oreadi), della'acqua (naiadi, nereidi ecc), delld foreste e degli alberi  (driadi, alseidi), delle valli, dei campi e anche delle regioni e le silfidi e degli elfi, geni dei boschi nella mitologia nordica: "Le driadi son fuggite, con le oreadi, i tritoni e silvani; ma per me i silfi ancora sospirano nell'aura; le ondine piangono nelle acque cadenti e si lagnano nella profonda voce del mare; le salamandre si agitano e scintillano nel fuoco; gli gnomi in fondo alle caverne custodiscono i tesori che il sole non vide mai.
Tutte queste creature sottili, essenze della materia, composte di atomi impercettibili, puri principii delli elementi, sono assai buone e servizievoli e graziose; ma bisogna saperle evocare.
Le conobbero Pitagora, Platone e Filone; e Valentino l'Eresiarca, Avicenna medico dei Califfi e Paracelso.
Qual è il segreto dell'evocazione? Io so che bisogna appropriarsi dell'essenza di ciascuno dei quattro elementi, il fuoco del sole in forma di polvere imponderabile, la sostanza dell'acqua, quella dell terra e una goccia d'aria pura.
Quando io avrò il talismano potrò vedere li Spiriti, parlar con loro e comandarli..."
"Ma ben altre cose io so.
Io conosco le virtù della luce astrale e della luce planetaria.
Io vedo i segni."
Tratto da " D'Annunzio e l'occulto" di Attilio Mazza

Nessun commento:

Posta un commento