mercoledì 12 ottobre 2016

Il teatro di Giulio Camillo


Il Teatro s'innalza in sette gradi o scalini, separati da sette corsie corrispondenti ai sette pianeti.
Chi si appresta a studiarlo deve sentirsi come uno spettatore dinnanzi al quale siano poste le sette "misure" del mondo in teatro.
Poiché negli antichi teatri le persone di maggiore riguardo sedevano nei posti più bassi, così in questo teatro, le cose più grandi e più  importanti saranno al livello più basso.
Egli pensava al teatro romano quale è descritto da Vitruvio, quest'ultimo dice che nell'auditorium del teatro i posti a sedere sono tagliati da sette passaggi e ricorda che le classi superiori siedono nei sedili più bassi.
Il Teatro di Camillo è una distorsione del piano del teatro reale di Vitruvio.
Ad ognuno dei sette passaggi vi sono sette cancelli o porte decorate con molte immagini.
Nel Teatro di Camillo la funzione normale del teatro è rovesciata: non c'è pubblico seduto nelle gradinate a guardare il dramma sulla scena.
Il solitario spettatore del Teatro sta dove dovrebbe essere la scena e guarda verso l'auditorium, contemplando le immagini sulle sette volte e sette porte ai sette livelli che salgono.
Utilizza la pianta di un teatro reale ma adattandolo ai suoi scopi mnemonici.
Le porte immaginarie sono i suoi luoghi di memoria, stipati di immagini.
Tutto il sistema del teatro poggia su sette pilastri, i sette pilastri della Casa della Sapienza di Salomone.
Camillo sta parlando dei tre mondi dei cabalisti; il mondo sovraceleste delle Sephiroth o divine emanazioni; il medio mondo celeste delle stelle; il mondo subceleste e degli elementi.
Presenti come Sephiroth nel mondo sovraceleste, sono qui identificate con le idee platoniche.
Camillo basa il suo sistema di memoria sulle cause prime, sulle Sephiroth, sulle Idee; questi debbono essere i "luoghi eterni" della memoria.
Il suo edificio ha il compito di fissare nella mente la verità eterna; in esso l'universo sarà ricordato per mezzo delle associazioni organiche di tutte le parti con l'ordine eterno soggiacente.
Le più alte "misure" universali, le Sephiroth, sono remote al nostro sapere... per questo egli colloca non queste ma i sette pianeti al primo grado del Teatro: infatti i pianeti sono i più  prossimi a noi e le loro immagini sono afferrate meglio come immagini di memoria.
I pianeti debbono essere intesi non come termini oltre i quali non ci possiamo levare, ma quali rappresentanti le misure celesti sovrastanti.
Sulle porte del più  basso grado, i simboli dei pianeti, i loro nomi, e quindi il nome delle Sephiroth e degli angeli con cui Camillo associa ciascun pianeta.
Pianeti        Sephiroth          Angeli 

Luna            Marcut             Gabriele 
Mercurio      Iesod                Michele 
Venere         Hod e Nisach   Honiele
Sole              Tipheret          Raffaele 
Marte           Gabiarah        Camaele
Giove            Chased            Zadchiele
Saturno        Bina                 Zafchiele


Per Camillo la corrispondenza delle sette misure planetarie del mondo celeste con le sovracelesti Sephiroth dà al Teatro la sua proiezione verso il mondo sovraceleste, sino agli abissi della sapienza divina e ai misteri del Tempio di Salomone.
Camillo ha dovuto destreggiarsi con gli arrangiamenti normali.
Ha lasciato fuori le più alte Sephiroth, Kether e Hokmah.
Ciò è stato fatto intenzionalmente perché spiega che non intende salire oltre Bina a cui ascese Mosè e quindi arresta la sua serie a Bina-Saturno.
Da notare che per Venere dà due Sephiroth, per il resto le sue correzioni Sephiroth-pianeti, non sono inconsuete e neanche la correlazioni con gli angeli.
Questo sorprendente miscuglio di fonti cabalistiche, cristiane e filosofiche, su cui Camillo fonda le sue idee.
Camillo erige il suo teatro all'interno del mondo spirituale di Pico della Mirandola; il mondo delle conclusioni e dell'orazione sulla dignità dell'uomo dell'Heptaplus, con le sue cere angeliche, le Sephiroth, i giorni della crazione, mescolati a Mercurio Trimegisto, Platone, Plotino, il Vangelo di San Giovanni, le epistole di San Paolo, tutto l'eterogeneo apparato di riferimenti pagani, ebraici, o cristiani in mezzo a cui Pico si muove con la sicurezza di chi ne abbia trovato la chiave.
La chiave di Pico è la stessa di Camillo.
Tratto da "L'arte della memoria" di Frances A. Yates

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