lunedì 24 aprile 2017

Altare della Patria, tempio massonico.


Addossato al Colle capitolino principale simbolo laico della città di Roma, sorge il grandioso monumento a Vittorio Emanuele II re d'Italia,  che viene detto il Vittoriano e nel parlare comune del romani è l'Altare della Patria.
Quest'opera è sempre risultata un po' ingombrante e imbarazzante: in parte persona sua mole gigantesca, che ha finito quasi per oscurare il vicino Colle del Campidoglio, in parte per lo sfacelo, compiuto all'epoca dell'edificazione, di interi quartieri di Roma e di rovine antiche e in parte infine il materiale utilizzato - quel calcare di Botticino - così luminoso e abbagliante che male si concilia con l'ago travertino simbolo della città, insieme al giallo, all'arancione e all'ocra dei suoi palazzi più antichi.
L'Altare è principalmente opera dell'architetto Giuseppe Sacconi e fu iniziato nel 1885.
Ma i complessi lavori si protrassero per 26 anni e l'inaugurazione si ebbe nel 1911.
La collocazione nel monumento della tomba del milite ignoto risale invece al 1921 e da allora, con la sepoltura di un anonimo italiano caduto durante la guerra del 1915-1918, all'Altare si legò una nuova valenza simbolica, emblema dell'unità del Paese che ancora oggi viene omaggiata dal presidente della Repubblica nelle ricorrenze ufficiali.
L'idea di Sacconi fu quella di realizzare un'allegoria dell'italia per mezzo di una galleria di sculture, bassorilievi, fontane, esedre, mosaici, statue e quadriglie armonizzati in un unico disegno complessivo.


Il monumento fu ideato dopo la morte di Vittorio Emanuele II.
Il bando per il progetto fu varato nel 1882 e, tra le 98 proposte pervenute, si affermò  proprio quella del giovane architetto marchigiano Sacconi il quale si ispirò esplicitamente all'Altare di Zeus a Pergamo, uno dei capolavori assoluti dell'arte ellenistica, fatto erigere dal re Eumene II tra il 166 e il 156 a.C., smontato dai luoghi originari e trasportato a Berlino nel 1886, dove si trova attualmente.
Sacconi ebbe pieno appoggio della potente massoneria romana, esponente di una "seconda religione", laica e anticlericale, che aveva trovato nell'unità d'Italia il suo simbolo e voleva celebrarla in un grandioso monumento che si presentava come una enorme piazza sopraelevata, dentro la città, nel cuore della città.
Il vero ispiratore di questa idea era stato Giuseppe Zanardelli uno dei politici più importanti del periodo seguente all'unificazione d'Italia, massone.
Fu proprio lui a esprimere il parere favorevole al progetto di Sacconi ispirato a un grande e celebrato simbolo della grandezza classica ellenica, e fu lo stesso Zanardelli a sostenere la scelta di sostituire il travertino con il botticino, il marmo bianco estratto dalle cave di Brescia di cui Zanardelli era originario.
Sacconi dedicò l'energia di una vita intera morì nel 1905, sei anni prima dell'inaugurazione e i lavori vennero portati a termine dagli architetti Koch, Manfredi e Piacentini.
La prima pietra fu posta nel 1885 fu inaugurata da Vittorio Emanuele III il 4 giugno del 1911 nell'occasione dell'Esposizione internazionale per il cinquantenario dell'unità d'Italia insieme alla nuova piazza Venezia.
Il completamento del corredo esterno proseguì per parecchi anni dopo.
Le due grandi quadriglie bronzee vennero poste sul terrazzo (oggi visitabile grazie all'ascensore trasparente realizzato sotto la giunta Rutelli) tra il 1924 e il 1927; negli anni Trenta fu terminata anche la facciata del monumento esposta a sud verso via di San Pietro in Carcere, con la realizzazione del Museo del Risorgimento.
Molti sono i simboli (vegetali e animali) che ricorrono nel monumento, gioia degli appassionati di esoterismo che vi leggono un codice nascosto; la palma per la vittoria, l'alloro per la pace  vittoriosa, il mirto per il sacrificio, l'ulivo pera concordia, la quercia per la forza; poi una donna che afferra un serpente con la mano sinistra, simbolo della conoscenza segreta.
Tratto da "Roma segreta e misteriosa" di Fabrizio Falconi



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