L'etimologia del termine (dru-vid-es) si collega con ogni probabilità alla radice indoeuropea wid con il significato di sapere, conoscere.
Dunque il termine druida così come ci è giunto a noi attraverso i testi latini (drudes per Cesare e druidae per Cicerone), dovrebbe voler indicare 'i sapienti', i depositari della saggezza, coloro i quali si dedicavano allo studio di materie quali la cosmologia, la fisiologia, l'astrologia.
Questi studi tuttavia non li rendevano degli astratti filosofi ma una casta di sacerdoti le cui conoscenze trovavano pratica applicazione nella vita quotidiana: la cura delle malattie, il momento più propizio per la semina, l'emanazione di decisioni legali.
Alcuni studiosi hanno associato il termine druida con il termine greco drys che significa quercia.
Ma se un'associazione con gli alberi deve essere fatta, questa deve essere riferita alla radice indoeuropea vidu che vuol dire albero, simbolo di forza e robustezza presso tutti i popoli di matrice indoeuropea.
I effetti i Druidi avevano un rapporto molto stretto con la natura.
Oltre a riunirsi in luoghi sacri all' interno dei boschi, lo scopo principale del loro insegnamento era la conoscenza della natura, delle sue energie, delle sue leggi e dei suoi ritmi.
Portatori di una concezione spirituale della natura i Celti non potevano non riconoscere all'albero un ruolo di primo piano nella loro visione complessiva del mondo e delle loro pratiche religiose.
Tempio degli dèi e dunque luogo privilegiato di culto era il bosco.
Nei suoi spazi aperti, vale a dire le radure, i Druidi impartivano i loro insegnamenti.
Questi sacerdoti manifestavano una particolare predilezione per la quercia il cui nome in lingua gaelica significa anche porta.
La quercia era poi associata alla dea Brigit e a Dagda, la cui clava era appunto di quercia.
Ai Druidi era altresì sacro il vischio, emminentemente celeste poiché non bisognoso di radicarsi nella terra.
Il vischio era tanto importante per i Druidi da esserne diventata in qualche modo assieme alla quercia il simbolo.
Sembra che, poiché mette nuove foglie nuove nel pieno dell'inverno, desse conferma della perenne rigenerazione della vita.
Era collegato al solstizio d'inverno proprio perché è l'unica pianta che germoglia nel periodo di massima rigidità climatica.
Plinio il Vecchio racconta che veniva reciso solo con un falcetto d'oro, appena dopo il novilunio.
Se veniva trovato su una quercia, albero solare, era chiamato con una parola dal significato di 'panacea' e quindi che avesse il potere di contrastare tutti mali.
Tra gli alberi sacri ricordiamo infine la betulla, il salice, l'ontano, il nocciolo, l'abete, il tiglio, il frassino, e ancora l'agrifoglio, il biancospino, il giunco, la ginestra, l'erica e il trifoglio.
Tratto da "Miti Celti" Atlanti di mitologia
Dunque il termine druida così come ci è giunto a noi attraverso i testi latini (drudes per Cesare e druidae per Cicerone), dovrebbe voler indicare 'i sapienti', i depositari della saggezza, coloro i quali si dedicavano allo studio di materie quali la cosmologia, la fisiologia, l'astrologia.
Questi studi tuttavia non li rendevano degli astratti filosofi ma una casta di sacerdoti le cui conoscenze trovavano pratica applicazione nella vita quotidiana: la cura delle malattie, il momento più propizio per la semina, l'emanazione di decisioni legali.
Alcuni studiosi hanno associato il termine druida con il termine greco drys che significa quercia.
Ma se un'associazione con gli alberi deve essere fatta, questa deve essere riferita alla radice indoeuropea vidu che vuol dire albero, simbolo di forza e robustezza presso tutti i popoli di matrice indoeuropea.
I effetti i Druidi avevano un rapporto molto stretto con la natura.
Oltre a riunirsi in luoghi sacri all' interno dei boschi, lo scopo principale del loro insegnamento era la conoscenza della natura, delle sue energie, delle sue leggi e dei suoi ritmi.
Portatori di una concezione spirituale della natura i Celti non potevano non riconoscere all'albero un ruolo di primo piano nella loro visione complessiva del mondo e delle loro pratiche religiose.
Tempio degli dèi e dunque luogo privilegiato di culto era il bosco.
Nei suoi spazi aperti, vale a dire le radure, i Druidi impartivano i loro insegnamenti.
Questi sacerdoti manifestavano una particolare predilezione per la quercia il cui nome in lingua gaelica significa anche porta.
La quercia era poi associata alla dea Brigit e a Dagda, la cui clava era appunto di quercia.
Ai Druidi era altresì sacro il vischio, emminentemente celeste poiché non bisognoso di radicarsi nella terra.
Il vischio era tanto importante per i Druidi da esserne diventata in qualche modo assieme alla quercia il simbolo.
Sembra che, poiché mette nuove foglie nuove nel pieno dell'inverno, desse conferma della perenne rigenerazione della vita.
Era collegato al solstizio d'inverno proprio perché è l'unica pianta che germoglia nel periodo di massima rigidità climatica.
Plinio il Vecchio racconta che veniva reciso solo con un falcetto d'oro, appena dopo il novilunio.
Se veniva trovato su una quercia, albero solare, era chiamato con una parola dal significato di 'panacea' e quindi che avesse il potere di contrastare tutti mali.
Tra gli alberi sacri ricordiamo infine la betulla, il salice, l'ontano, il nocciolo, l'abete, il tiglio, il frassino, e ancora l'agrifoglio, il biancospino, il giunco, la ginestra, l'erica e il trifoglio.
Tratto da "Miti Celti" Atlanti di mitologia
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