lunedì 18 settembre 2017

La Precessione degli Equinozi

Le 'immagini' arcaiche sono strettamente verbali e rappresentano un tipo specifico di linguaggio scientifico che non va né inteso nel suo significato letterale né accolto come espressione di 'credenze' più o meno infantili.
La "terra";  la "terra emersa", più specificamente, era il piano ideale passante per l'equatore celeste.
La "terra" è il piano ideale passante per i quattro punti dell'anno, gli equinozi e i solstizi.
In tal modo l'equatore divideva in due metà lo zodiaco che era disposto lungo l'eclittica e inclinato rispetto a esso so 23,5 gradi; di queste zone, la prima, ossia la fascia settentrionale dello zodiaco che si estende dall'equinozio di primavera a quello di autunno, era "terra emersa"; l'altra, ossia l'arco meridionale che si estende dall'equinozio d'autunno a quello di primavera passando dal solstizio d'inverno, rappresentava il "mare".
I termini "equinozio di primavera", "solstizio d'inverno" ecc. vengono usati intenzionalmente, poiché il mito tratta del tempo - cioè di periodi di tempo che corrispondono a misure angolari - e non di zone dello spazio.
I punti equinoziali e solstiziali non rimangono eternamente là dove dovrebbero essere per render più facile la comprensione delle faccende celesti, ossia nella stessa posizione rispetto alla sfera delle stelle fisse.
Essi si ostinano a spostarsi lungo l'eclittica in direzione opposta a quella seguita dal sole nel suo percorso annuale, vale a dire contro l'ordine  progressivo 'giusto' dei segni zodiacali (Toro →Ariete→Pesci, invece di Pesci →Ariete → Toro).
Tale fenomeno è detta Precessione degli Equinozi.
L'asse terrestre gira come una trottola con la punta al centro della nostra piccola 'palla di terra', cosicché se prolungato fino al polo settentrionale celeste, descrive intorno al polo settentrionale dell'eclittica, il vero 'centro' del sistema planetario, un cerchio il cui raggio è della stessa grandezza dell'obliquità dell'eclittica rispetto all'equatore: 23,5 gradi.
Il tempo che occorre a questo asse prolungato per ruotare intorno al polo settentrionale dell'eclittica è di circa 26.000 anni, durante il quale il suo orientamento passa da una stella all'altra.
Gli equinozi, cioè i punti di intersezione dell'eclittica con l'equatore, che oscillano per il movimento dell'asse terrestre, si spostano lungo l'eclittica con la stessa velocità di 26.000 anni.
La posizione del sole fra le costellazioni dell'equinozio di primavera era la lancetta  che segnava le 'ore' del ciclo di precessione, ore davvero lunghe, dal momento che il sole equinoziale occupa ciascuna costellazione zodiacale per circa 2200 anni.
La costellazione che sorgeva a Oriente immediatamente prima del sole segnava il posto dove il sole sostava.
Veniva chiamata "portatrice" del sole e principale "pilastro" del cielo, poiché l'equinozio di primavera veniva riconosciuto come linea di fede del 'sistema', quella che determinava il primo grado del cerchio percorso dal sole durante l'anno, nonché il primo giorno dell'anno.
Al Tempo Zero (diciamo verso il 5000 a. C. una data approssimativa che ha le sue giustificazioni) il sole era nei Gemelli; poi  passò lentissimamente dai Gemelli al Toro, indi all'Ariete e in fine ai Pesci, dove so trova tutt'ora...La nostra età è segnata dall'avvento di Cristo il Pesce.
Virgilio poco prima dell'Anno del Signore, la salutava con le parole "nasce di nuovo una grande serie di secoli", che gli procurarono lo strano titolo di profeta del cristianesimo.
L'età precedente, quella dell'Ariete, era stata annunciata da Mosè disceso dal Sinai "con le due corna", cioè incoronato con le corna dell'Ariete, mentre il suo gregge disobbediente si ostinava a danzare intorno al "vitello d'oro", meglio inteso come un "toro d'oro", il Toro.
Così erano i cieli nelle loro rivoluzioni a dare la chiave, mentre gli eventi di questa terra recedevano fino a diventare insignificanti.
L'attenzione veniva concentrata sulle presenze superne.... ciò che si muoveva di moto proprio in cielo assumeva una gravità sempre più maestosa.
Tratto da "Il mulino di Amleto" di G. Santillana e H.von Dechend

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