lunedì 4 febbraio 2019

La natura dell'anima


Dalla dottrina platonico-aristotelica dell'anima vegetativa, animale e razionale, la Cabbalà trae l'idea delle tre anime presenti nell'uomo, chiamate nephesh (principio vitale), ruach (spirito) e neshamà (anima).
È noto come per Platone tre anime distinte siano presenti nell'uomo, mentre per Aristotele si tratti invece di tre diverse facoltà nella stessa anima.
Per lo Zohar invece le ultime due anime, ruach e neshamà, sono già presenti in potenza nella prima, nephesh, di cui costituiscono dei gradi di maggiore perfezione.
Mentre l'anima naturale (nephesh) è presente in ogni uomo, le altre due, e soprattutto l'ultima, neshamà, possono essere meritate solo attraverso la meditazione mistica, l'intensa preghiera, la bontà ed in genere tutte le altre virtù esaltate dai cabbalisti.
La neshamà è infatti una parte di Dio stesso e costituisce quella famosa scintilla divina che fu posta nel primo uomo.
Il cabbalista che si guadagni attraverso l'intensità dell'intuizione mistica la neshamà, ottiene in sé una porzione dell'intelletto di Dio.
Mentre l'anima naturale è capace di commettere il male e di peccare, la neshamà, lo spirito divino dell'anima, è assolutamente pura e perfetta.
Di ciò è conseguenza il fatto che, mentre l'anima naturale è soggetta alla punizione di Dio per le colpe commesse ed è mortale, l'anima divina è assolutamente al di sopra del peccato ed immortale.
Lo Zohar precisa che, quando l'uomo commette il male, immediatamente il fondamento divino che è nella sua anima (neshamà) si allontana da lui, abbandonandolo alla punizione celeste.
Ogni anima, prima di entrare nel corpi che le è stato assegnato, si impegna dinanzi a Dio a realizzare la volontà in terra, esaltando le virtù mistiche che sole possono condurre l'uomo al benefico contatto con la divinità.
Le anime, che hanno compiuto la loro missione, ritornano al paradiso rivestite di una "tunica celeste", intessuta di buone azioni, mentre i peccatori, abbandonati dalla loro anima divina, sono gettati nella Geenna infuocata, dove ardono fino alla loro espiazione, o in eterno se le loro colpe sono di particolare gravità.
Un'altra forma di punizione per l'anima peccatrice, che lo Zohar presenta in alternativa con il rogo infernale, è la metempsicosi (ghilgul).
L'anima di chi ha commesso molteplici colpe, violando la volontà di Dio, non ritorna al suo fattore nel paradiso celeste, ma viene reincarnata in un altro corpo per essere messa nuovamente alla prova.
Rispetto alla Geenna, l'inferno ardente che brucia le anime, la metempsicosi verrebbe così ad assumere il valore di una sorta di purgatorio.
Tratto da "Zohar. Il libro dello splendore" a cura di Elio e Ariel Toaff

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