venerdì 15 febbraio 2019

Le lettere della lingua ebraica


Per i mistici ebrei la loro lingua ha sempre corrisposto fisicamente alle cose che essa designa.
Il semplice scrivere una lettera ebraica poteva produrre un effetto unificante sulla mente e sul corpo, ponendo colui che scriveva a contatto con il mondo "superiore".
Imitando Dio, per così dire, il kabbalista "creava" nuovamente se stesso chiamando all'esistenza il suo più profondo potenziale spirituale attraverso la manipolazione delle lettere - base, forma e suono dell'universo fisico, gli strumenti con cui Dio aveva creato il mondo.
Tre lettere primordiali, aleph (א), mem (ם) e shin (ש), contenevano tutti gli elementi potenziali; seguivano dodici lettere "semplici", le quali fungevano da canali per l'energia divina che sostiene l'universo.
Essendo lui stesso composto di elementi, l'uomo, che è un microcosmo, riceve l'"impronta" da tutte queste lettere nella sua stessa persona.
La meditazione compiuta da un essere umano purificato su ciascuna lettera - che veniva proiettata attraverso la sfera o l'attributo divino corrispondente- equivaleva a una meditazione sull'intera Creazione.
Fatto della stessa sostanza fondamentale delle stelle, un uomo poteva divenire una cosa sola con ma stella più lontana: vibrando della stessa energia degli uccelli, un uomo poteva comprendere il loro linguaggio.
La pratica mistica ebraica presuppone che la parte possa essere presa letteralmente per il tutto.
Portando la parola fuori da se stessa, sciogliendola come fosse un gioco dalla sua accezione semantica e dissolvendola nel guidare i rapiti discepoli dal discorso razionale alla dimensione della percezione pura e non verbale, il maestro kabbalista (come il maestro Zen che presenta il suo paradossale koan) dirigeva il novizio al di là dell'ambito circolare e limitato del pensiero.
Utilizzando per gradi il pensiero e il suono, procedeva al di là del pensiero e del suono: "Apri la bocca nel pronunciare l'aleph (la A ebraica), ed estendi la mente da ciò che è localizzato all'illimitato", diceva Rabbi Nehuniah ben Hakana.
"La mente umana infatti non ha fine; mediante essa, l'uomo può discendere sino alla fine del mondo" .
Tra il Dio ineffabile e il conoscibile intercorre la Parola.
In quanto strumenti per il linguaggio umano, le lettere si combinano tra loro per produrre il pensiero: in quanto utensili della natura, esse producono gli elementi, i pianeti, i sessi e tutti gli esseri fisici.
Incise nella sfera della Sapienza sull'albero cosmico, le lettere ebraiche sono l'energia che sta dietro tutte le manifestazioni discendenti di forma e suono.
Per il kabbalista che cerca di unire le lettere alla loro sorgente originaria nella Corona, esse presentano un nome composito e un'esperienza diversa in riferimento all'Assoluto che le chiamò all'essere.
Le lettere non possono esistere in assenza della forma data loro dalle sfere che le contengono.
Ma in se stesse le sfere sono, in un certo senso, illusorie, mere immagini create dalla limitata mente umana nella sua laboriosa ascesa verso l'Uno.
Con parole molto simili a quelle di un seguace del Vedanta, Mosè Cordovero così si esprime:
In Se stesso il Creatore è insieme la conoscenza, il conoscitore e il conosciuto... Non esiste nulla che non sia unito a Lui e che Lui non trovi nella Sua stessa essenza.
Egli è il tipo di tutti gli esseri, e tutte le cose esistono in Lui nella loro forma più pura e perfetta...
Un brahmano di nome Padmanaba, istruito nella Kabbalah, spiega al discepolo il modo in cui le lettere dell'alfabeto ebraico, se articolato con la corretta intenzione spirituale, evocano i loro angeli corrispondenti:
Ciascuna lettera è governata da un angelo (che) è il raggio di un flusso delle virtù dell'Onnipotenza e delle qualità di Dio.
Gli angeli che dimorano nel mondo terreno e in quello celeste governano coloro che risiedono nel nostro mondo.
Le lettere formano le parole, le parole formano le preghiere e sono gli angeli che, designati dalle lettere e riuniti nelle parole scritte e pronunziate, operano le meraviglie che tanto stupiscono gli uomini ordinari"
Per il kabbalista le lettere rappresentano altrettante combinazioni di nome e forma che abbracciano il nostro universo fisicamente conosciuto...
Il kabbalista, volgendo "nome" è "forma" (adeguatamente elaborate nelle lettere pittografiche dell'alfabeto ebraico, che include anche i numeri e dimensioni) in una sorta di atomo divino, penetra nella lettera fino alla sua essenza, operando ogni sua possibile combinazione e permutazione permessa dalla natura, come per fare un balzo al di là di quest'ultima.
Egli manipola il nome di Dio, forza quintessenziale che pervade la materia nella sua totalità.
Con un potente sforzo unisce la sua energia umana con quella che irradia dalla Corona di tutto ciò che è, fu e sarà.
Mediante la forza che risiede da sempre nella parola, egli accosta il permanente all'impermanente, l'Uno al molteplice.
Percepita in questo modo, una lettera è ciò che rappresenta; è fisica in virtù della sua pronuncia da parte degli organi fisici; è spirituale in quanto collegata al mondo degli angeli; si moltiplica per formare il mondo dei nomi e degli oggetti, ma se ridotta al suo suono originario non diventa altro che il mormorio dell'universo, che vibra in un luogo ove la luce e il suono si fondono in un silenzio splendente.
Tratto da "Le vie della Kabbalah" di Perle Epstein

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