lunedì 17 giugno 2019

L'opera di Mosè


L'opera che Mosè andava meditando era gigantesca.
Prima di lui Rāma, Krishna, Hermes, Zoroastro, Fo-Hi avevano creato religioni di popoli; Mosè volle creare un popolo per la religione eterna.
A questo disegno sì ardito, sì nuovo, sì colossale, era necessaria una base possente.
A questo scopo scrisse Mosè il suo Sepher Bereshit, il suo Libro dei principi, sintesi concentrata della scienza passata e cornice della scienza futura, chiave dei misteri, fiaccola degli iniziati, punto di rannodamento di tutte le nazioni.
La Genesi si compone di frammenti diversi (elhoista e jehovista) cuciti insieme.
La sua redazione attuale è posteriore di almeno quattrocento anni all'epoca in cui Israele uscì dall'Egitto.
Mosè diventa vivente, tutta la sua religiosa carriera si spiega, quando si cominci a rimetterlo nel suo ambiente di nascita: il tempio solare di Menfi.
E infine le profondità stesse della Genesi non si svelano se non alla luce delle faci strappate all'iniziazione di Iside e di Osiride.
Una religione non si costituisce senza un iniziatore.
I giudici, i profeti, tutta la storia di Israele provano Mosè; Gesù stesso non si concepisce senza di lui.
Ora la Genesi contiene l'essenza della tradizione mosaica.
Per quante trasformazioni abbia subite, la venerabile mummia deve contenere, sotto la polvere te secoli e delle bande sacerdotali, l'idea madre, il pensiero vivente, il testamento del profeta d'Israele.
Israele gravita intorno a Mosè così come la terra gravita intorno al sole.
Ciò che Mosè ha voluto legare alla posterità nel testamento segreto dal punto di vista esoterico si pone così: nella sua qualità di iniziato egiziano, la sua intellettualità doveva essere all'altezza della scienza egiziana, la quale ammetteva, come la nostra, l'immutabilità delle leggi dell'universo, lo sviluppo dei mondi per evoluzione naturale e aveva inoltre sull'anima e la natura invisibile nozioni estese, precise, ragionate.
La storia della creazione, che presa alla lettera fa sorridere uno scolaro dei nostri giorni, non potrebbe nascondere un profondo significato simbolico che ha una chiave di lettura?
Questa chiave si trova: 
1) nella simbolica egiziana; 
2) in quella di tutte le religioni dell'antico ciclo; 
3) nella sintesi della dottrina degli iniziati, quale risulta dalla comparazione dell'insegnamento esoterico, dall'India vedica fino agli iniziati cristiani dei primi secoli.
Quando noi leggiamo la Genesi nelle nostre traduzioni, ne cogliamo soltanto il senso primario e inferiore.
Gli esegeti e i teologi stessi ortodossi o liberi pensatori, non vedono il testo ebraico se non attraverso la Vulgata.
Il senso comparativo e superlativo, che è il senso profondo e vero, sfugge loro.
Per gli intuitivi questo senso profondo si sprigiona come una scintilla dal testo; per i veggenti riluce nella struttura delle parole adottate e create da Mosè: sillabe magiche, nelle quali l'iniziato di Osiride versò il suo pensiero come metallo sonoro in una forma perfetta... e finalmente con l'esoterismo comparato ci è oggi dato d'intravedere e di ricostruire la Genesi.
Tratto da "I grandi iniziati. Volume primo" di Edoardo Schuré

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